Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 20 ottobre 2018.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Cefalea quotidiana innescata da una singola espirazione forzata a glottide chiusa. Un singolo sforzo di espirazione a glottide chiusa (manovra di Valsalva) ha innescato in 7 persone (4 donne e 3 uomini), di età media 41 anni, una cefalea quotidiana che, ad una valutazione super-specialistica, ha rivelato caratteri propri, diversi dagli altri tipi di mal di testa quotidiani conosciuti. L’assenza di papilledema, la responsività a farmaci che riducono la pressione e/o il volume del fluido cefalo-rachidiano (liquor) e, soprattutto, il peggioramento in posizione di Trendelenburg, caratterizzano un nuovo sottotipo di cefalea. [Cephalalgia AOP- doi: 10.1117/0333102418806869. Oct. 9, 2018].

 

La fosfatasi alcalina come possibile nuovo biomarker di ictus. La fosfatasi alcalina, un enzima scoperto circa cento anni fa, negli anni Venti del Novecento, e a lungo adottato come indice diagnostico in numerosi processi patologici, ha rivelato nel tempo una scarsa specificità e una frequente inaffidabilità, tanto da essere screditato il suo impiego presso i clinici. Una recente rassegna ha invece riportato in auge la proteina, esaminando i risultati di studi sulla sua forma isoenzimatica più comune, TNAP, con particolare riguardo per il sistema nervoso centrale. Vari autori, sulla base di evidenze precliniche e cliniche, indicano un ruolo potenziale della fosfatasi alcalina nell’ictus e suggeriscono possibili meccanismi d’azione dei suoi isoenzimi. Brichacek e Brown suggeriscono l’impiego clinico degli isoenzimi della fosfatasi quali biomarker di danno cerebrovascolare acuto e ipotizzano terapie centrate sull’enzima. [Brichacek A. L. & Brown C. M., Metab Brain Dis. Oct 4, 2018].

 

Perché nel sesso femminile la malattia di Alzheimer è più frequente? Insieme con l’età avanzata e il genotipo apolipoproteina E4 (APOE4), il sesso femminile è un fattore di rischio maggiore per lo sviluppo della malattia di Alzheimer ad insorgenza tardiva. Considerato che la neuropatologia alzheimeriana ha inizio decadi prima delle manifestazioni cliniche, la probabilità più alta nelle donne non può essere spiegata solo con la maggiore longevità. Prendendo le mosse da evidenze emerse dalla ricerca animale, la causa è stata individuata nella transizione fisiopatologica della menopausa (MT), durante la quale si ha un disaccoppiamento tra rete estrogenica e sistema energetico cerebrale: lo stato ipometabolico che ne consegue funge da sostrato per la disfunzione neurale. Infatti, in questa condizione di ridotto metabolismo cerebrale, si assiste anche ad una accresciuta deposizione di β-amiloide extracellulare nelle sedi tipiche della malattia di Alzheimer. [Lisa Mosconi, J Prev Alzheimer’s Dis. 5 (4): 225-230, 2018].

 

Come cambia la coscienza del proprio corpo nelle persone con stomìe intestinali. La presenza di stomìe intestinali, con l’aspetto, il condizionamento fisico e la comparsa di cattivi odori quale esperienza costante, obbliga ad un cambiamento nel rapporto col proprio sé corporeo. Uno studio brasiliano, ispirato al pensiero fenomenologico di Merleau-Ponty, ha sottolineato come, nel ridefinirsi della consapevolezza corporea, in questi pazienti è necessaria un’integrazione fra il corpo che si ha, così come è cambiato, e il corpo che gli altri percepiscono, con lo stoma visto come una imbarazzante e complessa esperienza che limita la convivialità e molte altre condizioni di relazione. [Marques A. D. B., et al. Rev Bras Enferm. 71 (2): 391-397, 2018].

 

Le disfunzioni sessuali femminili (DSF), con grandi implicazioni psicologiche, possono essere valutate mediante la pressione di O2. Le DSF, soprattutto nelle donne più giovani, si sviluppano spesso in un quadro di circoli viziosi reattivi, con numerose manifestazioni psicopatologiche, a volte erroneamente ritenute il primum movens della sindrome. La riduzione del flusso ematico e del suo contenuto in O2 alla rete vascolare di Kobelt e particolarmente al clitoride, costituisce un dato, il cui accertamento può aiutare la comprensione della fisiopatologia ed orientare una parte dell’intervento terapeutico. Alterazioni della perfusione vulvovaginale con difetto della tumefazione erotica del clitoride e dei bulbi del vestibolo, che possono condizionare una riduzione del desiderio, sono stati messi in relazione con fattori di rischio metabolico e cardiovascolare. La misurazione della pressione parziale di O2 è un metodo non invasivo che consente un rilievo alla superficie cutanea in grado di informare sulla perfusione dei tessuti sottostanti. Uno studio che ha valutato la tensione dell’ossigeno mediante misurazione trans-mucosa (TmPO2) in sei giovani donne non affette da patologia, ha dimostrato l’innocuità e la sensibilità di questo metodo per un rilievo clitorideo che potrà fornire utili dati nell’impiego routinario per i casi di DSF. [Coppola A., et al. Endocrine AOP – doi: 10.1007/s12020-018-1782-2, Oct 9, 2018].

 

Dilatazione della pupilla come marker della coscienza nell’elaborazione uditiva. La midriasi pupillare è un marker affidabile di un impegno mentale cosciente che può essere riferito dal soggetto che lo compie. Questa nozione classica ha suggerito l’ipotesi che la dilatazione pupillare possa costituire uno specifico segno somatico di elaborazione cosciente. Quirins e colleghi di un team francese, impiegando un paradigma uditivo “locale globale” hanno scoperto che la violazione coscientemente riferita della regolarità globale era associata a dilatazione della pupilla sia in un compito attivo di conta sia in uno passivo di attenzione. Il risultato si è ripetuto in una versione fonemica del paradigma sperimentale. Questo indice di processo cosciente potrà essere impiegato d’ora in poi in psicologia sperimentale. [Cfr. Sci Rep 8 (1): 14819, Oct 4, 2018].

 

Sessualità e pornografia nei ragazzi arabi non sono oggetto di discussione con i genitori. Si ritiene che una maggiore conoscenza scientifica della sessualità ed una concezione non improntata a semplice repressione possa ridurre l’elevato grado di violenza associato alla vita sessuale dei giovani in molte comunità arabe di cultura islamica. Uno studio recente ha indagato le barriere e le difficoltà che impediscono il discorso sulla sessualità, l’educazione sessuale e l’elaborazione culturale intrafamiliare di eventi, emergenze e problemi legati alla sfera erotica in famiglie arabe. Sono stati studiati 20 ragazzi divisi in due gruppi per età (14-16 e 16-18) e 20 madri di adolescenti di entrambi i sessi. Sono emersi gli elementi di una “doppia morale” che, a fronte di una proibizione per le ragazze di guardare prodotti visivi pornografici, rimane permissiva nei confronti dei maschi. Mentre i ragazzi riferivano di guardare di routine il porno quale manifestazione di interesse sessuale, le ragazze negavano di farlo, ma tutte dicevano che le loro amiche lo facevano. Sia le madri che i ragazzi ammettevano l’importanza e la necessità di affrontare i problemi legati alla sessualità e le forme di sfruttamento commerciale quali la pornografia in discorsi aperti fra genitori e figli, soprattutto per ridurre i comportamenti violenti legati alla sessualità, consueti in quella realtà, caratterizzata da frequenti molestie sessuali mediante web e invio di video di ragazze nude accompagnati da minacce e ricatti.

Tutto quanto emerso dallo studio, induce gli autori a sostenere che sia necessario trovare modi per incoraggiare un radicale cambiamento, consistente soprattutto nell’affrontare in un discorso aperto fra generazioni, il senso e il valore sociale della sessualità, distinta dai comportamenti sociopatici e violenti acriticamente associati secondo un costume diffuso. [Gesser-Edelsburg A., et al. J Med Internet Res. 20 (10): e11667, 2018].

 

Il quadro di senso entro cui si concepisce la bellezza influenza la sua efficacia psicologica. Proseguendo la riflessione al Seminario sull’Arte del Vivere circa i temi legati all’esperienza della bellezza nella dimensione psichica, si è approfondita la differenza culturale fra l’epoca attuale e le epoche storiche cui appartenevano i protagonisti del pensiero e delle vicende esemplari studiate negli incontri precedenti.

A parte, si è anche considerato il percorso compiuto dal pensiero di ambito artistico durante il Novecento; in particolare, si è affrontato il tema dell’uscita dell’arte figurativa dall’alveo della dimensione della bellezza, che implicitamente aveva fatto riferimento al gusto estetico conservato durante lo sviluppo di tutta la filosofia, da Platone ad Hegel, che ha fondato la ragione occidentale. Ciascun movimento, ogni avanguardia, ogni gruppo artistico, concependo le ragioni della propria arte, spesso definiva i parametri per il giudizio del suo valore: non è valido ciò che è bello in quanto prossimo alla bellezza della natura o dei modelli accademici, ma ciò che più rappresenta i principi definiti in proprio dal movimento o dal singolo artista. E si è poi ripercorso il periodo durante il quale si è assistito alla perdita da parte dell’artista del ruolo di soggetto abilitato a definire il valore dell’arte, a favore di una nuova figura di critico d’arte legata al mercato, in grado di determinare le fortune di alcuni artisti e le disgrazie di tanti altri.

Si è poi tornati nel solco delle tematiche oggetto dell’esercitazione seminariale. Qui, di seguito, si riassumono i contenuti della riflessione.

Acquisita la separazione fra bellezza e possesso come paradigma interiore, sarà più facile esercitarsi per accrescere la sensibilità al bello naturale, attraverso l’osservazione e la contemplazione, e con lo stesso spirito si potrà praticare l’esperienza estetica mediante la conoscenza visiva del maggior numero possibile di opere d’arte, cercando di penetrare le caratteristiche visive degli elementi e degli aspetti che più ci colpiscono. L’esperienza nel campo della psicologia e della psicopatologia dei partecipanti al seminario ha contribuito a riconoscere alcune condizioni per l’utilità e l’efficacia di esercizi nella dimensione estetica.

Perché aumentino le probabilità che nutrirsi dell’esperienza del bello costituisca un meccanismo psicologico in grado di contribuire alla conservazione di un buon equilibrio funzionale, è necessario che tale pratica sia condivisa in una cornice di senso vissuta. L’esempio, proposto la volta scorsa, di Fёdor Dostoevskij che spera nel potere della bellezza per la salvezza del mondo (v. “Il potere della bellezza concepita non come qualità percettiva della forma, ma quale dimensione dell’essere” nelle “Notule” del 13-10-18) presuppone una profonda visione cristiana della realtà, in cui la vita di tutti e di ciascuno costituisce un tempo di prova per il giudizio divino basato, come si legge nel Vangelo, su quanto si è amato il prossimo: “Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. […] In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatta a me.” (Mt 25, 42-45). La bellezza dell’atto, narrata da Dostoevskij (v. ancora “Notule” del 13-10-18), del principe che si reca dal giovane agonizzante e lo assiste fino alla morte, è un bello d’essenza, di sostanza, non di forma, che comprendiamo seguendo la via concettuale tracciata da Platone, ma che va oltre, evocando il detto di San Francesco che nel bello vedeva il Bellissimo, ossia il Creatore, il solo a meritare l’appellativo di Buono (Mc 10,18). Nel Dio cristiano il bello si identifica col buono, definendo un modello ontologico in cui l’esigenza primaria della radice psicoantropologica di coincidenza etico-estetica è soddisfatta da una prevalenza della dimensione morale che è ethos in senso proprio ed etimologico, ossia luogo di dimora mentale al quale riportare anche ciò che suscita ammirazione.

Il senso condiviso da una comunità, e soprattutto dalla rete di relazioni che costituiscono l’esperienza attuale del soggetto, crea una possibilità nella dimensione psichica della realtà che tutto ciò che faccia riferimento alle memorie di questo vissuto impiegate nell’attualità possa supportare l’efficacia intrapsichica di meccanismi basati su questa accezione della bellezza.

Dopo essere andati così avanti, lungo questa via di senso fondata sulla fede, si è ritornati ad esaminare le possibilità agnostiche, atee o da credenti di tradizione diversa da quella giudaico-cristiana, di sviluppare una concezione della bellezza che, in ultima analisi, prende le mosse dalla preferenza neurobiologicamente definita per le armonie delle forme naturali.

 

Notule

BM&L-20 ottobre 2018

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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